Tempo fa Speak Up pubblicò un articolo di Rachel Roberts che si intitolava “What are you complaining about?”
L’articolo spiegava un’interessante peculiarità linguistica degli inglesi, ovvero la loro innata difficoltà ad esprimere verbalmente una protesta: per un cattivo servizio, un’inefficienza, un atto di maleducazione qualsiasi. E quando riescono a protestare, solitamente iniziano la frase… scusandosi. Il negoziante è sbadato? Il perfetto inglese dirà Sorry, I think you’ve given me the wrong change. In albergo si muore di caldo? Sorry, but I think there’s something wrong with the air-conditioning.
Gli inglesi tendono a dire sorry in qualsiasi situazione, anche quando la colpa è palesemente dell’altro, ad esempio se qualcuno pesta loro i piedi o li urta camminando per la strada.
Ma da dove viene questa ossessione per la parola sorry? Ora ci viene in aiuto una ricerca a cura dell’Università di Harvard.
Una teoria dice che sia un’abitudine ereditata dagli antenati anglosassoni, che usavano la parola sarig per indicare disagio, dolore, o più in generale una situazione spiacevole. Può dunque darsi che i britannici moderni intendano la parola nel suo senso più ampio e generico per esprimere empatia in situazioni poco gradevoli, e meno strettamente per chiedere scusa. Sorry è diventato nel tempo una sorta di tic linguistico, una parola magica, buona un po’ per tutte le situazioni, diciamo, non ideali.
Un’altra ragione potrebbe essere psicologica. I ricercatori di Harvard hanno scoperto che dire sorry a qualcuno è il modo migliore per portarlo dalla propria parte e fargli fare quello che si vuole. Questa teoria è stata convalidata da un esperimento: i ricercatori hanno chiesto a un attore di avvicinarsi a degli sconosciuti in un giorno di pioggia e di chiedere loro in prestito il cellulare per fare una telefonata. Quando l’attore chiedeva il cellulare direttamente, ha avuto successo il 9% delle volte. Quando invece faceva precedere la richiesta da un sorry about the rain, ha ottenuto un cellulare in prestito nel 47% dei casi.
Da tener presente dunque nel prossimo viaggio in Gran Bretagna: volete ottenere qualcosa? Prima scusatevi!
Rosanna Cassano